La distribuzione e l'andata a monte

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Si stende un mazzo di carte su'l Tavolino, spiega Pisarri, ed ognuno di loro piglia una carta... quelli che hanno pigliato le due minori, diventano compagni... Aggiunge Verardini: talvolta accade che se ne scoprano tre di uguale valore... allora li tre giuocatori, alzandone altre, esperimenteranno chi fra loro si divida dagli altri due. Ancora Pisarri: Quello che leva la carta maggiore, debb'egli fare le carte; queste mescolate (siccome è lecito anche ad ognuno) le porge da levare... alla sinistra... e comincia a distribuirne cinque per ciascheduno, principiando dal Giocatore, che è alla sua destra... poi ne piglia cinque per sé, poi si ferma, e sente, che cosa dicono gli altri giocatori.

S'inizia qui una fase praticata fin dal Quattrocento in tutta Italia, con varianti di rilancio di poste di gioco. Ma torniamo a Bologna nel XVIII secolo.

Il giocatore di destra poteva dire:

<a monte> (preferisco che la mano venga rifatta)

<come vuole> (lascio decidere il compagno)

<la tengo> (costringendo tutti a giocare quella mano)

Il compagno dello scartatore (il mazziere, o, in vernacolo 'cartaio'), doveva sempre dire <a monte>, potendo solo aggiungere <ho cattivo>, oppure <regolatevi con le vostre>, oppure tacere. Il silenzio denotava buon gioco.

Il terzo giocatore parlava nel caso che il suo compagno non avesse forzato la mano 'tenendola', e poteva dire <a monte>, lasciando la decisione finale allo scartatore, oppure <la tengo>, forzando la prosecuzione della mano.

Il mazziere aveva parola solo nel caso che gli avversari avessero detto <a monte>. Poteva proseguire la distribuzione, o gettare le carte scoperte sul tavolo, mandando a monte la mano.

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Questo rito si ripeteva alla seconda distribuzione di cinque carte, potendosi andare a monte in dieci carte. Nell'Ottocento solo alle prime cinque. Dal contesto sembra però che già nel Settecento la dichiarazione 'la tengo' fatta nelle prime cinque carte fosse da considerarsi definitiva. L'ultimo giro di distribuzione non prevedeva l''a monte'.

Il cartaio che andasse a monte rifaceva le carte, ma veniva penalizzato di cinque grane che gli avversari mettevano in piatto come Onori. L'avversario del cartaio che la tenesse, obbligando la prosecuzione della mano, per poi perderla, cedeva ugualmente cinque grane. Mentre chi la tenesse vincendola aveva 10 grane d'Onore.

Pisarri fa molte raccomandazioni al mazziere che andasse a monte, gettando ritualmente le sue carte, di non farle toccare col mazzo, altrimenti le doveva tenere o cedere le sue cartacce al compagno, che poteva a sua volta tenerle o rifiutarle.

L'antica licita 'a monte' equivale all'anglosassone 'passo', con effetti simili. Vedi l'Invettiva di Lollio e la Risposta. Veniva favorita la ricerca di distribuzioni favorevoli a una delle due parti, e l'eliminazione di mani medie.

Lamenta il Pisarri l'espansione che il gioco parlato stava ottenendo, insoffribile abuso di molti. Difatti al compagno del mazziere era permessa la sola licita 'a monte', eventualmente corredata da un 'ho cattivo' (cioè voglio andare veramente a monte), o da un 'regolatevi con le vostre' (posizione neutra), o tacere (con mano positiva). Dalla seconda metè del Settecento questo giocatore diventò più loquace, con disdoro di Pisarri. Eccone le divertenti locuzioni:

Ho due Romiti: ho i Re barbuti di Coppe e Denari - Ho due Pellegrini: ho i Re di Spade e Bastoni - Ho un Romito, Ho un Pellegrino: un Re di quel tipo. - Ho l'Arlia: ho due Re, ironico perché nelle prime cinque carte non vengono quasi mai confortati dalle altre carte. Per esclusione si tratta di un Re tra Spade e Bastoni e uno tra Coppe e Denari. Ma ancora: - Ho la regola: possesso di tre buoni Trionfi - Ho la regolina: una carta da Cinque (Re o Tarocchi) con due Trionfi - Ho li Bugiardi: ho quattro Trionfi, detti bugiardi perché regolarmente (anche allora!) nel prosieguo della distribuzione non venivano mai accompagnati da altri. - Ho tre Trionfetti: tre piccoli Trionfi - Ho una goccia: una carta da Cinque - Ho un Trionfo, che rifiuta, con un piccolo: un Trionfo alto con uno piccolo - Ho due Trionfi, con una Stanella: Stanella era, come visto, una Regina.

I timori di Pisarri erano fondati e trovarono riscontro nell'evoluzione ottocentesca del gioco, con tutta una serie di Termini ormai ufficialmente permessi al compagno dello scartatore: - Sono cattive, Ho cinque cartacce: il senso è ovvio - Vada avanti, Le dia bene: carte mediocri. - Si regoli dalle sue: discrete. - Due, uno dei quali un rifiuta: un Trionfo di Grande, comunque dal 15 in su, accompagnato da un piccolo Trionfo, detto allora anche Fichetto. - Un Trionfetto, e cattivo: ovvio. - Una Cartellina con un Trionfetto: Un Re e Flichetto (piccolo Trionfo) - Una goccia: il Matto - Una goccietta: il Mondo secco - Una piccola goccia: il Begattino - Una regola: due carte da Cinque escluso l'Angelo, e un buon Trionfo - Una regolina: due Re e un Trionfo piccolo - Due Trionfetti: ovvio.